Una ricerca socio-antropologica ma anche un tentativo di migliore la comprensione di come i giovani e gli anziani del nostro territorio percepiscano e raccontino l’identità di genere propria e altrui e gli squilibri che permeano la relazione tra donne e uomini in questa società. Lo stimolo che speriamo la ricerca sia riuscita a restituire a tutti coloro che sono interessati a scoprirne le risultanze è quello di recuperare uno spazio neutro, dove sospendere i pregiudizi e di aprirsi al vissuto dell’altro. Vissuto che ha un’importanza non solo per chi lo racconta, perché ha messo in gioco la propria capacità di aggirare ostacoli e traversie emotive, economiche, storiche, ma anche per chi lo ascolta, perché rappresenta il tassello di un puzzle che compone e che ha tenuto insieme la comunità, che ha contribuito a costruire il legame sociale, quello sociologicamente inteso.
Aver lavorato su un territorio di piccole dimensioni, quale quello di Ariccia, ci ha consentito di far emergere temi e stereotipi, testimonianze di un tracciato di vita rurale fatto di lavoro, asimmetricità nelle relazioni tra gli uomini e le donne che lo abitano, diritti negati, ma anche colmo di solidarietà femminile. Ci ha fatto scoprire anche i pensieri delle più giovani generazioni in una fase dello sviluppo individuale fatta di ambivalenze: da un lato la tendenza ad una uniformità confortevole e al luogo comune sull’identità di genere, ma dall’altro i primi segni di un pensiero critico nel suo nascere che mette in discussioni ruoli e aspettative, specialmente – e non ci stupisce – da parte delle bambine.
A queste donne e a questi uomini che si sono messi in gioco consentendoci di portare a termine il nostro lavoro, va il nostro ringraziamento più sentito.